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Sono sempre più numerose le aziende che decidono di redigere il bilancio di sostenibilità e dunque integrare la sostenibilità nel proprio business, elaborando strategie mirate per ridurre il proprio impatto ambientale. Si tratta non solo di una scelta doverosa nei confronti del nostro pianeta e delle generazioni future, ma anche di una strategia vantaggiosa in grado di generare numerosi benefici in termini economici e di competitività. Questa vale soprattutto se si decide di integrare nella propria strategia di sostenibilità l’autoproduzione dell’energia necessaria al funzionamento del proprio business. In questo articolo ti spieghiamo perché la redazione del bilancio di sostenibilità e l’autoproduzione dell’energia sono due passi fondamentali per le aziende che vogliono essere competitive nel mercato di oggi e che vogliono costruire un futuro più sostenibile.

Cos’è il bilancio di sostenibilità

Il bilancio di sostenibilità, anche noto come report di sostenibilità, è un documento redatto annualmente che ha lo scopo di rendicontare le performance di un’azienda in termini di sostenibilità ambientale, sociale ed economica.  Si tratta, in pratica, di un resoconto annuale di carattere non finanziario che mette in luce le attività svolte da un’azienda in ambito ambientale e sociale, rendendole visibili e verificabili potenzialmente da chiunque (consumatori, fornitori, investitori, ecc.). Ma non solo. Il bilancio di sostenibilità è anche un importante strumento strategico che permette alle aziende di qualunque dimensione di ottenere una serie di benefici. 

Bilancio di sostenibilità: per chi è obbligatorio?

Il bilancio di sostenibilità è stato introdotto nel 2001 dall’Unione Europea, che l’ha inserito nel Libro Verde della Commissione.

Dal 1° gennaio 2017, con l’introduzione della Direttiva 2014/95/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio – nota anche come Direttiva sulla rendicontazione non finanziaria o NFRD – Non-Financial Reporting Directive – la sua redazione è diventata obbligatoria in Italia per alcune categorie di aziende (grandi imprese di interesse pubblico con più di 500 dipendenti), mentre è rimasta volontaria per tutte le altre.

Le imprese tenute per legge a redigere il bilancio di sostenibilità aumenteranno ulteriormente e in maniera graduale a partire dal 2025, secondo quanto previsto dalla Corporate Sustainability Reporting Directive – CSRD (Direttiva 2022/2464), entrata ufficialmente in vigore nel 2023. 

I primi soggetti interessati saranno le imprese quotate, banche e assicurazioni con almeno 500 dipendenti che alla data di chiusura del bilancio abbiano superato almeno uno dei seguenti limiti dimensionali:

  • 20 milioni di euro di stato patrimoniale (attivo/passivo)
  • 40 milioni di euro di ricavi netti (fatturato)

L’obbligo verrà poi successivamente esteso anche ad altre categorie di imprese con specifici criteri, tra cui grandi imprese non quotate e piccole e medie imprese quotate (escluse microimprese). Tale ampliamento, che andrà a coinvolgere quasi 7000 imprese solo in Italia, è un chiaro segnale di come la sostenibilità aziendale stia assumendo un ruolo sempre più importante.  Fonte: Assolombarda.

Che sia obbligatoria o meno, comunque, la stesura del bilancio di sostenibilità è caldamente raccomandata per qualsiasi tipo di azienda, indipendentemente dalle dimensioni o dal settore di riferimento.

 

Perché le aziende dovrebbero redigere il bilancio di sostenibilità

Come già detto, il bilancio di sostenibilità comporta un ampio numero di vantaggi per le aziende che decidono di redigerlo, indipendentemente dalla sua obbligatorietà. In particolare, la redazione del bilancio di sostenibilità permette a qualunque impresa di:

  • comprendere meglio il proprio impatto su ambiente, società ed economia, individuando i rischi e le opportunità legati alla sostenibilità;
  • definire una strategia di lungo periodo che integri gli obiettivi di sostenibilità con quelli economici, creando valore per l’azienda e per gli stakeholder;
  • migliorare la comunicazione verso clienti, investitori, fornitori e comunità locali, aumentando la trasparenza e migliorando la reputazione dell’azienda;
  • accedere a nuovi mercati e clienti che apprezzano e richiedono prodotti e servizi da aziende sostenibili;
  • ottenere vantaggi competitivi rispetto ai competitor che non si impegnano nella sostenibilità, anticipando le tendenze e le richieste di clienti e investitori;
  • accedere più facilmente a finanziamenti e bandi dedicati alle imprese sostenibili; 
  • attrarre e fidelizzare i migliori talenti, che sempre più spesso privilegiano le aziende attente all’ambiente e alle tematiche sociali;
  • ridurre i costi e migliorare l’efficienza, grazie all’ottimizzazione dei processi in ottica sostenibile.

Lungi dall’essere una sgradevole e fastidiosa incombenza, il bilancio di sostenibilità rappresenta, dunque, un’importante opportunità di crescita e posizionamento che sempre più imprese decidono di cogliere.

 

Bilancio di sostenibilità e carbon neutrality: quali soluzioni?

Le aziende che decidono di redigere il bilancio di sostenibilità si pongono come obiettivo quello di ridurre le emissioni di CO2 generate con la propria attività e raggiungere la cosiddetta neutralità carbonica, o carbon neutrality. 

Per conseguire tale traguardo è possibile percorrere diverse strade, tra cui:

  • l’acquisto di crediti di carbonio;
  • l’autoproduzione di energia verde.

Di seguito esaminiamo le due soluzioni nel dettaglio.

 

Il sistema dei crediti di carbonio

I crediti carbonio, o carbon credit, sono certificati negoziabili che offrono alle aziende che li acquistano la possibilità di finanziare progetti di tutela ambientale, realizzati da terze parti, volti alla riduzione o al riassorbimento della CO2 e di altri gas serra. Nello specifico, un carbon credit equivale a circa una tonnellata di CO2 non emessa o riassorbita (Fonte: Rete Clima).

In pratica, con questo sistema, le aziende riescono a neutralizzare l’anidride carbonica emessa equivalente al numero di crediti acquistati. L’acquisto di carbon credit, dunque,  non assolve l’azienda dall’obbligo di ridurre le proprie emissioni, ma permette di compensare le emissioni inevitabile, che non è proprio possibile ridurre.

I prezzi dei crediti di carbonio variano a seconda di diversi fattori, tra cui:

  • il tipo di mercato (volontario o regolamentato)
  • la regione geografica
  • il tipo di progetto di riduzione delle emissioni
  • la domanda e l’offerta

In generale, però, tali prezzi hanno subito negli ultimi anni un aumento consistente e secondo molti analisti questi continueranno a crescere, in linea con l’intensificarsi delle politiche climatiche e la crescente domanda di crediti (Fonte: Il Sole 24 Ore). 

È importante ricordare che i crediti di carbonio rappresentano un meccanismo di mercato volto a incentivare la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, ma non costituiscono una soluzione strutturale al problema del cambiamento climatico. Infatti, sebbene i carbon credit possano contribuire a compensare le emissioni inevitabili – e da questo punto di vista risultano sicuramente molto utili –, è fondamentale prioritizzare interventi di mitigazione diretta, quali l’efficienza energetica e lo sviluppo di fonti rinnovabili, per raggiungere obiettivi di decarbonizzazione a lungo termine. In altre parole, non bisognerebbe considerare i crediti come un “passaporto” per continuare a inquinare senza limiti, ma piuttosto come un complemento a strategie più ampie di decarbonizzazione.

L’autoproduzione di energia verde

L’autoproduzione di energia è il processo tramite il quale le aziende possono produrre l’energia di cui hanno bisogno in maniera autonoma e indipendente. Ciò avviene generalmente tramite l’utilizzo di fonti rinnovabili (solare, eolico, idroelettrico, ecc.).

In pratica, invece che acquistare l’energia elettrica di cui si necessita da fornitori esterni, è possibile produrre questa energia autonomamente, ottenendo una riduzione tangibile del proprio impatto ambientale. Questo perché le energie rinnovabili, a differenza delle fonti fossili, generano irrisorie emissioni di CO2 o altri gas serra nell’atmosfera, e sono dunque ritenute pulite e sostenibili (fonte: zeroco2).

A differenza di quanto avviene con i crediti di carbonio, dunque, le aziende che scelgono la strada dell’autoproduzione di energia riducono le emissioni di CO2 alla fonte.

Ma questo non è l’unico vantaggio. L’autoproduzione di energia elettrica offre anche un importante risparmio economico a lungo termine, soprattutto se si considerano i continui rincari del prezzo dell’energia. Il risparmio lo si ottiene anche in confronto all’acquisto di crediti di carbonio che, come detto sopra, hanno costi sempre più alti.

Per autoprodurre la propria energia elettrica è possibile seguire due strade: 

  • si può scegliere di installare un impianto privato nell’edificio dove si svolge la propria attività o in prossimità;
  • oppure si può aderire a una comunità energetica e autoprodurre la propria energia tramite degli impianti collettivi, condivisi tra i diversi membri della comunità. 

La seconda soluzione, rispetto alla prima, risulta maggiormente vantaggiosa in quanto richiede un investimento iniziale più contenuto e non necessita, inoltre, di effettuare lavori, che potrebbero interrompere o disturbare la produzione.

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